Piana di Monte Verna - Piccola storia della “Real Fagianeria di Sarzano”
L’area tifatina, già dall’antichità, come attesta la Tavola
Peutigeriana (IV sec. D.C.), era una regione omogenea, caratterizzata da insediamenti religiosi legati al culto
della Dea Diana, divinità alla quale erano dedicati boschi che ricoprivano le
pendici collinari. Nel medio Evo i templi furono sostituiti dalle abbazie di S.Angelo
in Formis e di S. Pietro ad Montes e si moltiplicarono i nuclei urbani
pedemontani aventi chiese parrocchiali.
Probabilmente una strada pedemontana collegava i siti
collinari fino a Casa Hirta. Inoltre, vie secondarie collegavano Morrone e la
scafa di Limatola sul Volturno e con la scafa di Caiazzo, passando per il
vallone Civicorno, del Marmorella e del Tifata. Questa era una via veloce che
conduceva alla piana sottostante Caiazzo e quindi alle valli telesina e
alifana.
Nei secoli a venire furono potenziati i collegamenti tra i siti: si ingrandirono i villaggi delle pianure, le colline e i borghi furono incrementati di ville e luoghi di svago.
Agli inizi del 1700, l’incisione di Pacichelli raffigura
Caserta con un territorio collinare punteggiato da piccoli insediamenti urbani
e da edifici isolati. I monti a Nord di Caserta hanno come vetta principale
torre Lupara,erano catalogati come sassosi, mentre più a valle c’erano oliveti
e alberi da frutta. Nell’immagine sono evidenziati i muri di recinzione del
Belvedere e del convento dei Cappuccini; le vie di comunicazione tra i
differenti centri urbani sono abbastanza ampie e la strada di collegamento con
Morrone s’inerpica tra le colline di San Leucio e Montebriano.
Nella seconda metà del XVIII secolo sono realizzate grandi
opere che modificano radicalmente il territorio. Infatti nella pianta del
Rizzi-Zannoni, compaiono la reggia, l’acquedotto carolino e le grandi tenute
dominate “Cacce Reali”.
Nella planimetria il territorio di san Leucio è circondato da
un muro di recinzione eretto nel 1773 che presenta quattro ingressi: del
Quercione verso Briano, dell’Arco lungo la strada per Morrone, del Cappuccio
lungo il Tifata e il Gradillo verso l’omonima pianta del Volturno.
Dal 1775 in poi, fu riorganizzato l’intero sistema di
collegamenti, e furono realizzate strade che portavano a Caiazzo e a Morrone.
Al borgo della Vaccheria si accedeva tramite una strada che proveniva dal
cancello del Cappuccio, posto lungo la Caserta Caiazzo e da qui un sentiero a
tornanti conduceva al Casino vecchio, al cancello dei Gradilli ed alla scafa di
Caiazzo.
La Carta Topografica delle Reali Cacce di Terra di Lavoro e
loro adiacenze disegnata da Rizzi Zanoni nel 1784 e rimasta manoscritta dà
immediata percezione delle aree destinate alla caccia reale (Torcino e
Mastrati, Mondragone, Riserva di Carditello, Demani di Calvi, Reali Fagianerie,
Montegrande, Boscarello, Selva Nuova, Caccia della Spinosa,Cerquacupa, Longano,
Bosco di Calabri cito, Bosco di S.Arcangelo)punti di eccellenza in un’area
molto vasta, tra i quali si svilupparono successivamente i siti reali di
Carditello e San Leucio.
Le realtà della Fagianeria di Piana di Monte Verna si
inserisce in questo quadro strutturale e
le considerazioni dell’economista Ludovico Bianchini, nella Storia economica
del Regno di Napoli, fanno capire la strategia di recupero, costruzione e
valorizzazione del territorio in area campana che,in fasi successive, comporta
l’acquisizione dei territori di casa reale e la loro trasformazione prima in riserve
di caccia e in seguito trasformati in siti reali abbelliti con casini e
residenze reali e lo sviluppo di una rete di infrastrutture che collegano i
siti reali tra loro e con la capitale la bonifica della pianura con la
ristrutturazione dei Lagni;il progetto di una capitale dell’entroterra cioè
Caserta e l’incentivazione delle attività produttive primarie soprattutto nei
siti reali di San Leucio e di Carditello.
Nella vita di corte lo spazio dedicato alle cacce ed ai
passatempi all’aperto occupavano un tempo importante: a Caserta e a Napoli la
famiglia reale trascorreva solo brevi periodi dell’anno il resto era diviso nei
luoghi più cari al sovrano perché ricchi di selvaggina. L’architettura dei
fabbricati, realizzati nei siti borbonici hanno il carattere di luoghi di
produzione o di fabbricati di rappresentanza delle singole fabbriche. Inoltre
le nuove fabbriche si inseriscono nel territorio e nel paesaggio, facendo
convivere la funzione residenziale e quella produttiva.
Il sito di caccia della Fagianeria di Piana di Monte Verna
risale al 1753, così come riscontrabile dalle affermazioni del Vanvitelli che
il re Carlo condusse a visitare la Fagianeria di Capodimonte, perché potesse
vedere i metodi per l’allevamento dei fagiani e prendere l’ispirazione per le
fabbriche che dovevano essere costruite nella Piana di Caiazzo. Lo stesso
Vanvitelli nella lettera al fratello Urbano del 01/05/1753 scrive:”La fagianeria è assai diversa di quello che credessi mentre sono vari cancerielli…una
unità ed ogni una di un giardinetto in cambio di 15 moggi o 30 o larghi moggi
15…questo serve per raggruppare “.
Il Celano nel 1792 nelle notizie del Bello e del Curioso che
contengono le regali ville adiacenti alla città di Napoli che servono di
continuazione all’opera del canonico Celano”: “in non molta distanza da
Caserta, e propriamente nell’antica città di Caiazzo nliede la regal
Faggianeria, come offervamma nel parlare della regal villa di Capodimonte…e
dellla regal Faggianeria pollavi da S.M. che la rende splendida, ed ubertosa,
cercalìfero di proposito collo studio e colla fatica distinguersi, estì ne
hanno tutti i mezzi djide non altro abbisognavvi, che la volontà. Ne’ piani
intanto che si estendono all’intorno di quella Città, il re ha fituata la sua
regaj Faggianeria per aver conosciuto quesìl luoghi assai an e prooroj alla
moltiplicazione, e buon governo ^ii quelli animali, che per aver vicina questa
Caccia alla regal Villa di Caserta, da cui non è che poche miglia distante.
Quivi ha costrutto delle belle fabbiche cosi per ciò, che riguarda la buona
cura di questa delicatissima specie di caccia, che per abitazione di tutti i
custodi, che in numero non scarso vi ma^iene.”
Pertanto i siti reali erano quasi come aziende agricole
moderne in cui il sovrano illuminato investiva nelle trasformazioni agrarie
necessarie ad uno sfruttamento ideale del territorio, coniugando il bello e
l’utile secondo i dettami illuministici del Settecento. La Palazzina Borbonica, fulcro della tenuta della
Fagianeria, sicuramente costruita su disegno del Vanvitelli , ha un linguaggio
misurato ed essenziale, informato sui principi di funzionalità che si basa su
una razionale e geometrica distribuzione degli spazi e un uso limitato degli
elementi decorativi. Si tratta di un edificio di forma rettangolare con
muratura in tufo e solaio del piano terra a volte complesse lunettate. Il
solaio al piano nobile ha controsoffittature dipinte con motivi floreali e
cacciagione. L’esterno ha un porticato a due archi con terrazzo sovrastante, ha
cornici di stucco lineari e presenta comignoli in muratura intonacata.